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“AMALIA” EPICA MODERNA ATTO I Scena sesta (Opera in tre atti di Ana Silvestre)

Scena sesta

Lo studio di Dino. Buio.

Dino, Berta.

(Sono seduti sulle poltrone. Riflettore su Dino)

Dino:

(11)

a Sembrava tutto molto ridicolo.

b Pareva una bestia senza testa!

a Ahimè, sento quasi il pericolo

b Che provocherà questa gran tempesta!

a Maledetta storia senza titolo!

b Una storia che la ragione molesta!

c Pensare che lì vuole ritornare,

c E io non la potrò mica fermare!

(si spegne il riflettore e si accende il paralume)

Berta: Che storia incredibile!

Dino: Da quel giorno non ho più avuto pace. Ormai non so più cosa voglia dire dormire tranquillo. Amalia torna lì tutti i giorni, e non vuole la mia compagnia. Vuole andare sempre da sola.

Berta: Perché?

Dino: Dice che sia inutile che io vada. Le metto ansia e non gradisce le mie battute spiritose.

Berta: Magari ha anche ragione…

Dino: Grazie, Berta. Mi fa piacere che anche tu sei contro me.

Berta: Non fare il drammatico. Quindi non sai cosa sia successo da lì in poi?

Dino: Amalia mi racconta tutto, e mi porta ogni tanto qualche prova. Frutti raccolti nel frutteto dell’Eden. Dice che non si sente nell’obbligo di provarmi niente, ma mi porta le prove lo stesso perché le dispiace vedermi così.

Berta: Così come?

Dino: Confuso e agitato. Se è vero tutto ciò che mi racconta, ed è anche possibile che lo sia, ancora pochi mesi e ci sarà un cambiamento. Questo cambiamento mi turba, mi spaventa. Per ciò cerco di convincermi che Amalia mi stia raccontando una storia che esiste soltanto nella sua testa.

Berta: Giudicandola matta.

Dino: Assolutamente no! Non lo farei mai!

Berta: Ma preferisci pensare che Amalia sia impazzita, piuttosto che prendere sul serio ciò che dice. Però hai appena detto che è possibile che la storia sia vera. Ti contraddici.

Dino: No. Ho detto, appunto, che c’era la possibilità che sia vera. Non ho detto che lo sia. È diverso.

Berta: Ma cerchi di convincerti che non lo sia.

Dino: Ci pensa già Amalia a fare il contrario.

(Berta prende le albicocche in mano)

Berta: Queste sono una prova dell’esistenza del frutteto?

Dino: A quanto pare di un frutteto che produce frutti di ogni tipo, a prescindere della stagione in corso. Come se lì le stagioni si verificassero tutte allo stesso tempo, maturando cachi e ciliegie contemporaneamente.

Berta: Forse perché il tempo, in quel frutteto, non esiste.

Dino: Fai anche tu la filosofa, adesso?

Berta: Se per essere filosofi basta dire una cosa del genere, allora fare il filosofo è una roba da niente.

Dino: In quel terreno non si vede alcuna traccia di alberi da frutta. Non possono crescere durante la notte e fare frutti all’alba, per poi sparire quando sorge il sole.

Berta: Se non esiste il tempo, magari non esiste neanche lo spazio.

Dino: Ti prego, risparmiami almeno tu! Sono tornato lì, durante il giorno, e non ho visto altro che rovi e gramigna. Se passi lì al tramonto, vedi anche i caprioli.

Berta: Andrei anch’io a vedere quel posto misterioso, ma sai che ho paura di uscire di casa.

Dino: Prima o poi lo dovrai fare.

Berta: Lo so. E di quale cambiamento si tratta? Oreste ha fatto qualche profezia?

Dino: Mi dà fastidio già solo a sentire quella parola!

Berta: Profezia?

Dino: Sì sì! Quella! Oreste, la profeta! Ora sì che sono a posto! Bella roba! Non si scherza con queste cose.

Berta: Ma cosa ti prende? Se hai detto prima che ci sarà un cambiamento, e dal modo in cui l’hai detto sarà molto grande, sicuramente lo hai saputo da Amalia. Chi lo ha detto ad Amalia? Oreste.

Dino: Elementare, caro Watson.

Berta: Di qual cambiamento si tratta?

Dino: Non ne voglio parlare. Mangia quella frutta. Frutta del genere non la trovi più da nessuna parte. Più biologica di così credo sia impossibile. Da settimane che mangio letteralmente le prove.

Berta: (mangiando la frutta) Hai proprio ragione. Frutta così non la trovi più. E mangiare albicocche, buone o grame che siano, in questa stagione, è una cosa ancora più insolita. Quindi Amalia ti porta questa frutta per provarti l’esistenza del frutteto. E come mai io non mi sono accorta di niente? Com’è possibile che mi sia sfuggita una cosa del genere? Strano.

Dino: Perché le ho chiesto di non portarmela a casa, giacché la cosa non ti sarebbe passata inosservata. .
Di solito mi porta queste “prove” (virgoletta con le dita) nel mio ufficio, in redazione. All’inizio aveva la sfida nello sguardo.

Berta: Ora, invece?

Dino: ‘E stranamente serena. Arriva con un bel sorriso sulle labbra, mi racconta quel che vuol raccontarmi, mi lascia la frutta e mi dà un bacio sulla fronte.

Berta: Ah! Immagino che almeno quello ti piace!

Dino: Non dire sciocchezze. Ho un compito, io.

Berta: Ah sì? E qual è, di grazia? Assaggiare la frutta?

Dino: Non fa ridere.

Berta: Volevo solo farti sorridere. Qual è il tuo compito? Racconta.

Dino: ‘E quello il mio compito.

Berta: Eh?

Dino: Il mio compito è raccontare, appunto. Mi ha chiesto di scrivere tutto quanto mi racconta. Mentre mi parla degli incontri con Oreste, io prendo appunti. Sono una sorta di narratore delle imprese di Amalia. Un Omero, insomma… Se non fosse per la possibilità che tutto ciò sia vero, la cosa mi piacerebbe molto di più. ‘E senza dubbio una bella storia. Potrei forse vincere un premio, per il libro che ne verrà fuori!

Berta: Quindi tu hai scritto tutto quanto? Sai cosa voglio chiederti…

Dino: Sapevo che non avrei dovuto dirti niente. Come faccio io adesso a sfuggirti?

Berta: Appunto! Come fai? Non ce la fai! Ti prego! Sai che ti puoi fidare di me.

Dino: Perché hai un interesse così morboso per questa storia? Potevi scegliere di non avere altri problemi per la testa.

Berta: Sento l’odore di speranza, in questa storia. Speranza. Ne ho bisogno. Se ci sarà un grande cambiamento, sento che sarà in meglio. Altrimenti avrebbe usato altre parole, al posto di cambiamento.

Dino: Tipo?

Berta: Sei tu che ti guadagni da vivere con le parole.

Dino: Catastrofe. Fine del mondo. Disastro.

Berta: Bravissimo. (prende un giornale) Senti (legge ad alta voce): disoccupato uccide la moglie e i due figli, di otto e dodici anni; la città è invasa dai ratti; protesta studentesca finisce in un mare di sangue; sindaco dà le dimissioni: Comune allo sbaraglio; sparatoria in centro colpisce un bambino: prognosi riservata.
E queste notizie sono soltanto quelle a livello provinciale, pubblicate sul tuo giornale. Apriamo un giornale di tiratura nazionale e ce ne sono di tutti i colori. Guerre, disastri ambientali, e chi più ne ha più ne metta.

Dino: Bastano già le nostre notizie a farci paura.

Berta: Quindi?

Dino: Quindi cosa?

Berta: Fammi leggere le cose che hai scritto. Non esco più di casa, con paura di tutto e di tutti. Non negarmi la possibilità di coltivare la speranza.

Dino: Perché non coltivi l’insalata, i pomodori, roba così?

(Apre il cassetto della scrivania con la chiave che ha in tasca. Prende una cartella nera e la consegna a sua sorella)

Dino: I fogli sono numerati, ma non sparpagliare tutto. Ho tutto in una chiavetta, ma stai attenta lo stesso.

Berta: Grazie, fratellino.

Dino: Andiamo a dormire. Buonanotte.

Berta: Buonanotte.

(Berta esce dallo studio. Dino gira le spalle verso il pubblico)

Dino:

(12)

a Ora che lo sa anche mia sorella

b Mi sento un po’ più leggero, direi!

a Povero me, smarrita pecorella,

b Sono tanto perso nei pensieri miei.

a Chissà che fine avrà ‘sta novella,

b Repleta di allieni oppure dèi!

c Le auguro una buona lettura!

c Si emozionerà, addirittura!

Pubblicato da Francesca Parrilla

Promoter culturale e attrice

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