
ATTO TERZO
Scena prima
Si vede una delle facciate principali della Cittadella, sullo sfondo. Ci sono i colori del tramonto.
Amalia, Dino.
(Amalia è seduta per terra)
voce di Dino:
(25)
a Direi che adesso è giunta l’ora
b Di cambiare il corso della storia.
a Benché non mi senta pronto ancora
b E abbia dubbi sulla mia vittoria,
a La situazione certo non peggiora!
b Quel serpente, tanto pieno di boria,
c Può pure aver la meglio su di me
c Ma son certo che meglio di me non è!
(Amalia si alza, cammina con le mani dietro la schiena. ‘E visibilmente pensierosa, ma serena. Guarda l’ora. Arriva Dino, con un passo lento ed insicuro)
Amalia: Dino!
Dino: Ciao, come va? Aspetti qualcuno?
Amalia: No. Pensavo di andare a casa, tra poco.
Dino: Pensavo aspettassi qualcuno.
Amalia: Come mai? Mi stavi spiando?
Dino: Guardavi l’ora. Non ti ho spiata. Sono arrivato appena adesso. Ti disturbo? Stamattina mi hai detto che avresti fatto un salto alla Cittadella verso sera, quindi sono passato.
Amalia: Guardavo l’ora perché volevo sapere che ora era, non perché aspettassi qualcuno. (sorride e abbraccia Dino). Avevo voglia di stare qui, a pensare a quelle regole. Mi fa piacere che sei venuto. Che bella sorpresa.
Dino: Siamo amici fin dai tempi del liceo. Per te sarò un po’ come un fratello, immagino…
Amalia: Non saprei. Un fratello è diverso.
Dino: In che senso?
Amalia: Ho un fratello, e ti assicuro che ti voglio bene in un modo ben diverso. E tu?
Dino: Io cosa?
Amalia: Tu mi vuoi bene come ad una sorella?
(Dino guarda per terra, poi guarda Amalia)
Dino: Sono due sentimenti molto diversi.
(lungo silenzio)
Amalia: Devi dirmi qualcosa?
Dino: No. Voglio dire…sì! Anzi, volevo chiederti cosa devo fare col racconto che sto scrivendo. A cosa ti serve?
Amalia: Mi serve soprattutto a coinvolgerti in questa storia. Ho letto attentamente tutto quello che mi hai inviato per mail. Hai più talento di quanto immagini. Non sapevo della tua vena poetica.
Dino: Lascia perdere quelle ottave toscane. Mi sono già pentito di averle buttate lì. Fanno pietà, a dir poco. Le voglio eliminare tutte. Provo imbarazzo quando le rileggo.
Amalia: Perché? Sei fuori come una grondaia!
Dino: Fanno schifo! Io non sono un poeta. Anzi, non sono neanche uno scrittore! Sono un giornalista, e neanche uno di quelli bravi.
Amalia: Tu non sai quanto vali, Dino. Prima o poi capirai che queste tue paure non hanno alcun fondamento. Sono tutte paranoie create nella tua testa. A causa di queste cretinate non hai realizzato i tuoi sogni.
Dino: Ma quali sogni? Ma smettila, dai! Dimmi invece cosa devi fare col racconto che ho scritto.
Amalia: È un ricordo personale, te l’ho già detto. Chissà, magari nella Nuova Era diventa un’opera letteraria importante!
Dino: Io non sono un poeta. Sono uno che scrive perché non sa parlare. Non so neanche trasmettere i miei sentimenti agli altri. Se ci penso, non ho neanche una vera vita. Passo le mie giornate dietro le faccende del giornale e per il giornale, e poi rimango a casa mia, anzi, nel mio studio. Povera Berta. Non sono neanche di compagnia. Mi chiudo nel mio spazio a leggere o a scrivere.
Amalia: Ma abbiamo anche fatto tante cose insieme, noi due. Non hai una vita più noiosa della maggior parte della gente.
Dino: Forse hai ragione. Sono un fortunato, io. Una casa ce l’ho, un lavoro pure, anche se malpagato. Ho una sorella che si prende cura di me, e poi ho te, che sei… per me… (le prende la mano)
Amalia: Baciami.
(Dino la bacia, in un modo abbastanza tiepido, incredulo)
Baciami bene!
Dino: Ti amo! (la prende fra le braccia e si baciano con passione, a lungo)
Amalia. Ti amo. (riprendono a baciarsi)
(escono di scena, abbracciati. Buio)
voce di Dino:
(26)
a Sì, sono euforico come non mai!
b Voliamo fra le nuvole, leggeri!
a Ti starò sempre a fianco, se vorrai.
b Sono ordini i tuoi desideri.
a Bramo il tuo corpo! Ti amo assai!
b Celi nel tuo corpo caldi misteri,
c Ove la mia bocca prenderà fuoco.
c La tua fiamma si accende con poco!
